Messa a fuoco remota dell'immagine sul
CCD
Una fase molto delicata nella ripresa di immagini CCD è quella
della messa a fuoco. Soprattutto nel caso di astrofili agli inizi nella
tecnica di ripresa elettronica questa operazione puó essere causa
di molti grattacapi e delusioni. Le cause di tanto disagio sono dovute
alla scarsa esperienza e poca dimestichezza con le funzioni del CCD, messe
a disposizione dal software che lo accompagna.
Prima di tutto occorre prendere coscienza delle funzioni connesse con
l'operazione di messa a fuoco. Prendiamo in esame la procedura ideale -
con seeing ottimale - a tutti ben nota, della messa a fuoco ottica ed analiziamone
le fasi con cui tutti gli astrofili, pur con una limitata esperienza osservativa,
hanno larga familiarietà.
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Durante la fase preliminare, si porta l'immagine di una sorgente puntiforme
- una stella sufficientemente brillante da poter essere visibile anche
se la combinazione ottica risulta molto lontana dal fuoco - in prossimità
del fuoco (questa fase è quella che possiamo definire piú
grossolana);
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da questo punto in poi, si punta lo strumento su una stella meno luminosa
- tale da non abbagliare l'osservatore - e muovendo lentamente e con spostamenti
progressivamente piú brevi il focheggiatore avanti e indietro, ci
si ferma nella posizione in cui l'immagine appare il piú puntiforme
possibile.
Ben diversa è la situazione quando operiamo con la camera CCD, in
genere per le seguenti ragioni:
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l'immagine appare sul monitor di un personal computer che di solito non
si trova nelle immediate vicinanze del focheggiatore;
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l'immagine compare sul monitor dopo un certo tempo - che dipende dal volume
di dati che deve essere trasferito e dalla velocità dell'interfaccia
di comunicazione - rispetto alla ripresa; la qual cosa ci provoca un certo
sconcerto, costringendoci ad attraversare consapevolmente ed in maniera
penosamente lenta le fasi di messa a fuoco precedentemente descritte.
Per ridurre i tempi di visualizzazione dell'immagine sullo schermo, ovvero
per ridurre significativamente la mole di dati da trasferire, occorre tener
presenti i seguenti principi:
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se si opera a pieno campo, si puó impiegare la funzione di binning,
di solito disponibile tra le funzioni della camera e controllabile via
software, che consente di integrare la risposta di pixel adiacenti sul
sensore raggruppandoli (in finestre di 2x2, 3x3, 4x4, ecc.); questa funzione
consente di ridurre drasticamente le dimensioni dell'immagine e quindi
il tempo richiesto per riversarla verso il PC e visualizzarla; inoltre
aumentando notevolmente (di 4, 9, 16, ecc.) la sensibilità di ogni
punto dell'immagine, consente di ridurre di pari passo i tempi di esposizione.
Talvolta tale funzione viene indicata come center, utile per posizionare
al centro del campo inquadrato dal sensore l'oggetto di interesse;
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quando siamo interessati ad inquadrare un oggetto definito, come una stella,
che occupa una porzione assai limitata del sensore, si può ritagliare
l'area corrispondente - una finestra - che lo contenga: così facendo
si snellisce il processo di trasferimento dati e la visualizzazione dell'oggetto.
Questa funzione viene spesso definita come window o focus ed in quest'ultimo
caso, la stella di riferimento viene pure seguita nel caso che col tempo
subisca degli spostamenti sul sensore.
Utilizzando queste possibilità, si dovrebbero ottenere dei tempi
di visualizzazione inferiori al secondo che facilitano grandemente la messa
a punto del corretto fuoco.
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Figura 0. In posizione anteriore rispetto
alla camera CCD si può notare il focheggiatore NGF-S con
motofocus della Jim's Mobile Inc.
Tale dispositivo presenta buone caratteristiche di robustezza
e precisione ed è perfettamente in grado di sopportare il carico
della camera. Il motore incorporato può essere pilotato a distanza
sia mediante il suo dispositivo di controllo che mediante il collegamento
con il CDS # 1697 della montatura Meade. Presenta però l'inconveniente
di non possedere la necessaria schermatura rispetto all'infiltrazione di
luce laterale e per l'impiego con il CCD, data la sensibilità dello
strumento, occorre adottare delle contromisure al riguardo. |
Per quelli che non dispongono di un affidabile focheggiatore elettrico
che possa essere comandato a distanza, la procedura consiste nel focheggiare
a mano dopo aver predisposto il monitor in posizione adeguata al controllo
visuale. Questa modalità è utile anche per coloro che, pur
possedendo la necessaria apparecchiatura per il controllo a distanza, vogliono
esercitarsi per meglio apprendere la tecnica.
Generalmente, all'inizio, la posizione del fuoco
sarà alquanto distante dal piano del sensore (fase1). Si opererà
perciò una prima grossolana messa a fuoco inquadrando una stella
molto luminosa - anche di prima grandezza - nel campo del CCD, utilizzato
nella ripresa a pieno campo, ma in modalità (a) di binning (p.es.
4x4). Così l'immagine della stella apparirà come una grossa
palla che talvolta potrà risultare addirittura piú grande
del campo inquadrato - se l'immagine è di molto fuori fuoco. In
tali condizioni, si regoli la messa a fuoco, muovendo ogni volta in un
solo verso tra una visualizzazione e la successiva, finché la stella
non risulterà pressoché puntiforme, a parte eventuali apparizioni
di code o strisciate dovute al funzionamento del CCD.
Si passa quindi alla fase fine (fase 2). Si inquadra
una stella meno brillante, di magnitudo 3 o 4, e tale che, con un tempo
di esposizione di 50-100 ms e senza operare il binning (1x1), non saturi
la risposta del CCD (questo punto va tenuto ben presente!), si ritaglia
un'area di circa 50x50 pixel centrata sulla stella. Si imposta la ripresa
in modo da riprendere un'immagine di seguito all'altra ed anche in questo
caso il tempo che trascorre tra una visualizzazione e la successiva dovrebbe
risultare dell'ordine di 1" e si deve ricordare di far trascorrere il tempo
necessario allo smorzamento delle vibrazioni. A questo punto, le tecniche
di corretta messa a fuoco possono variare e di seguito ne descriverò
tre:
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Figura 1. FWHM(x). A sinistra l'immagine ingrandita
di una stella con il tracciamento della linea orizzontale parallela all'asse
x dell'immagine passante per il picco di luminosità. A destra, in
verde, l'andamento della luminosità lungo tale linea. Il FWHM(x)
è rappresentato dal valore medio delle distanze delle ascisse dei
due punti in cui la funzione luminosità è uguale alla metà
di quella di picco da quella del punto di picco. |
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Se nella ripresa in modalità focus
il software di controllo della camera CCD fornisce le informazioni relative
al FWHM (Full-Width-Half-Mean) dell'immagine stellare, generalmente
dati per i due assi x e y dell'immagine (vedi figura 1),
allora si puó utilizzare tale parametro per la messa a fuoco. Il
parametro rappresenta la distanza media dal picco di luminosità
dell'immagine della stella dei punti, lungo le direzioni x e y,
in cui la luminosità assume valore pari alla metà di quella
che si registra nel picco. Poiché la posizione del fuoco corrisponde
alle minime dimensioni dell'immagine stellare, risulta ragionevole concludere
che coincide con quella per cui si registrano i minimi valori delle FWHM(x)
e FWHM(y). Con questa tecnica occorre prestare notevole attenzione
alla condizione di non saturazione dell'immagine stellare; inoltre è
buona norma controllare il valore raggiunto nel picco (in genere il parametro
max): le cadute potrebbero essere dovute alla persistenza di oscillazioni
o alla turbolenza atmosferica. Questa tecnica di messa a fuoco ha la prerogativa
di essere quasi completamente strumentale e numerica con una minima influenza
della percezione visiva di controllo sull'immagine stellare - che pure
è disponibile sullo schermo.
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Figura 2. Lo schemo con
i due fori appare nella sua posizione naturale , sulla parte anteriore
del paraluce del telescopio. |
Figura 3. Da sinistra a destra ci si
approssima sempre piú alla posizione in cui la messa a fuoco è
corretta. |
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Ci si avvale di uno schermo che viene posto di fronte
allo strumento in cui, da parti opposte, a distanza di circa 0.7 raggi
dal centro, sono stati praticati due fori di 4-6 cm di diametro (vedi figura
2). Se la messa a fuoco non è perfetta, le due immagini risultano
sdoppiate, mentre si avvicinano nel caso che ci si sposti nella direzione
corretta (vedi figura 3). Quando il piano del sensore coincide con il piano-immagine
le due immagini stellari coincidono. Anche in questo caso è buona
norma controllare i parametri max e FWHM forniti dall'interfaccia
software per evitare errori grossolani.
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Figura 4. La crociera doppia, costruita
in legno di balsa, è posta sulla porzione anteriore del paraluce.
Talvolta, dopo la messa a fuoco, viene lasciata in tale posizione anche
durante la fase di osservazione - in tal caso le immagini presentano le
caratteristiche linee di diffrazione. |
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Si utilizza una crociera artificiale sdoppiata realizzata
in materiale leggero - perché non produca danni nel caso dovesse
cadere accidentalmente sull'ottica - che viene posta davanti allo strumento
(vedi figura 4). Le dimensioni delle asticelle con cui viene realizzata
possono essere di 1.5-3.0 mm di spessore e di 15-30 mm di altezza e le
due asticelle parallele che compongono ciascun asse della croce devono
essere poste ad una distanza di 25-40 mm. Quando l'immagine non è
a fuoco le linee di diffrazione generate dall'immagine stellare lungo i
due assi appaiono sdoppiate, mentre coincidono perfettamente ed in modo
chiaro quando si raggiunge la corretta posizione focale (vedi figura).
Anche in questo caso il controllo è prevalentemente visivo ma avviene
lungo due direzioni, minimizzando l'effetto di errori che si possono avere
controllando un solo asse dell'immagine ottica; tuttavia è sempre
bene considerare il controllo dei parametri numerici. Questa è la
tecnica che adotto normalmente e che preferisco anche per la maggiore rapidità
con cui si riesce ad ottenere una messa a fuoco ottimale.
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Figura 5. La sequenza presenta le immagini di
diffrazione di una stella come appaiono in posizioni progressivamente sempre
piú prossime al fuoco corretto da a ad f. |
Bada bene, in caso di seeing mediocre, di oscillazioni della strumentazione
ottica e di altre cause esterne di degrado delle immagini, nessuna delle
tecniche sopra indicate funziona - come è logico che sia!
Inoltre, a causa di leggeri spostamenti delle componenti ottiche o di
un impercettibile scorrimento del focheggiatore - che sopporta il peso
della camera CCD! - può risultare necessario di procedere piú
volte alla messa a fuoco nel corso di una stessa seduta di osservazione.
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Enrico Prosperi -- Email:
e.prosperi_at_alice.it
Professore di Elettronica e Telecomunicazioni
Istituto Tecnico Industriale "Silvano Fedi" - via Panconi
39 - 51100 Pistoia - Italy |